Tra i materiali che sono stati usati in combinazione con il calcestruzzo, dei molti che sono stati sperimentati, solo 2 hanno superato brillantemente la prova del tempo e del mercato: acciaio e polipropilene.

Acciaio

L’acciaio è probabilmente il materiale che meglio si sposa con il calcestruzzo: la sua notevole resistenza a trazione si combina perfettamente con la ottima resistenza a compressione del calcestruzzo. Inoltre quest’ultimo, grazie alla sua basicità, costituisce un ambiente favorevole alla conservazione dell’acciaio nel tempo. Non stupisce che le fibre di acciaio siano state utilizzate nel calcestruzzo da molti decenni ormai.

Le fibre d’acciaio sono impiegate quasi esclusivamente per applicazioni strutturali, per due motivi: il primo è che produrre fibre d’acciaio estremamente sottili e corte ha un costo notevole e quindi tipicamente, in applicazioni quali la fibra da calcestruzzo, affinché il prodotto abbia senso economico sono prodotte con un diametro ed una lunghezza che permette di raggiungere poche migliaia di filamenti per kg di prodotto. Applicazioni antifessurative necessitano di un numero di filamenti superiore per uno o due ordini di grandezza. Il secondo è che la loro elevata resistenza a trazione, che può arrivare a 1200-1400 MPa (N/mm2), ben si sposa con questo tipo di applicazione.

Il loro utilizzo è piuttosto semplice dal punto di vista progettuale in quanto le normative Europee ed Italiane in materia danno ormai da tempo riferimenti precisi ai progettisti, che quindi le possono prescrivere nei capitolati senza troppi problemi.

Le fibre in acciaio hanno lo svantaggio di essere soggette all’ossidazione; questo aspetto è accentuato dal fatto che le fibre per loro natura non sono controllabili quanto a posizione nella matrice cementizia (non si può rispettare la distanza di copriferro). Nel lungo periodo, dunque, ossidazione e corrosione possono compromettere il buono stato delle fibre più esposte. Esistono anche acciai particolari che possono essere utilizzati nel mercato delle fibre da calcestruzzo proprio per contrastare questi aspetti negativi: le fibre in acciaio zincato e le fibre in acciaio inox.

Le fibre in acciaio zincato sono normali fibre d’acciaio le cui prestazioni sono simili a quelle delle corrispondenti in acciaio al carbonio, l’unica sensibile differenza è rappresentata da una zincatura superficiale. Questa zincatura consente di proteggere l’acciaio dall’ossidazione meglio e per più tempo rispetto alla versione normale. Rispetto alle fibre in acciaio normali, quelle zincate costano circa il doppio. Le fibre zincate sono adatte ad applicazioni in ambienti salmastri e nel caso di prefabbricati verniciati, per i quali la funzione estetica molto spesso è primaria rispetto a quella strutturale e dunque la presenza di macchie di ossidazione superficiali sarebbe molto dannosa per l’estetica del manufatto.

Le fibre in acciaio inox invece sono la risposta definitiva ai problemi di ossidazione nelle fibre d’acciaio. Ne esistono di vari tipi a seconda della qualità dell’acciaio utilizzato e al grado di inossidabilità. Li elenchiamo di seguito da quello meno performante a quello più performante:

  • AISI 430 – acciaio inox ferritico
  • AISI 304 – acciaio inox austenitico
  • AISI 310 – acciaio inox austenitico

Queste fibre trovano applicazione prevalentemente (per non dire quasi esclusivamente) nel mercato dei produttori di manufatti refrattari, i quali necessitano di una temperatura di fusione molto alta che solo l’acciaio inossidabile è in grado di garantire. I prezzi delle fibre inox sono multipli di quelli per le fibre di acciaio normale; al momento della scrittura, si va dai 4.50 €/kg per quelle ferritiche per arrivare ai circa 9.00 €/kg per quelle in acciaio austenitico 310. E’ del tutto superfluo commentare che in applicazioni “normali” e quotidiane questo tipo di fibra non ha nessun senso economico.

Le fibre in acciaio sono classificate dalla normativa di riferimento (la EN 14889-1) in base ad uno dei seguenti metodi produttivi da cui sono ottenute:

  1. ottenute da filo di acciaio (“from wire”)
  2. ottenute per taglio di piattina (“cut sheet”)
  3. ottenute da estrusione a caldo (“melt extracted”)
  4. ottenute da trafilatura a freddo (“cold drum wire”)
  5. altro

Le prime due tipologie sono quelle in assoluto più diffuse nel mercato. Da qualche tempo si vendono anche le tipo 4, qualitativamente peggiori delle prime, anche a causa della forte competizione sui prezzi che da tempo affligge questo mercato.

Le prime due tipologie sono facilmente distinguibili tra loro in quanto quelle da filo hanno una sezione circolare, mentre quelle da piattina sono di sezione quadrata. La letteratura specialistica riconosce le fibre da filo (tipo 1) come qualitativamente superiori rispetto alle altre tipologie.

Fibre polimeriche

Le fibre polimeriche sono fibre ottenute da materiali sintetici costituiti da catene di polimeri della stessa famiglia della comune plastica. La famiglia più diffusa, nel mercato delle fibre per calcestruzzo, sono le fibre “poliolefiniche”. Esistono però anche produttori che hanno proposto al mercato altri tipi di polimeri, principalmente poliestere e poliacrilonitrile.

I detrattori delle fibre sintetiche (generalmente i produttori delle fibre di acciaio) accusano questi modelli di presentare un comportamento plastico-viscoso (detto anche “creep”) quando sottoposte a tensioni costanti e prolungate nel tempo. L’origine di questa accusa, certamente fondata, risiede nel fatto che molti polimeri utilizzati nella fabbricazione di fibre per calcestruzzo presentano naturalmente questo comportamento e dunque, sostengono, anche le fibre riproporranno lo stesso fenomeno. Vero è che le fibre polimeriche strutturali sono quasi sempre ottenute da polimeri pre-stressati e orientati, per aumentarne la resistenza. Questo ridurrà molto il fenomeno del creep. Ad ogni modo, la legislazione in materia è ancora del tutto assente, così come sono assenti normative specifiche per testare e misurare questo fenomeno. Le uniche informazioni a riguardo sono dovute a test commissionati dai singoli produttori o eseguiti da istituti di ricerca, interessati ad indagare sul fenomeno e sulle implicazioni dal punto di vista della struttura nel suo complesso. Sono test che durano almeno 2 anni e al momento non vi sono dati certi e pubblici (anche perché non essendoci la normativa in materia che ne omogeneizza la metodologia, qualunque risultato sarebbe del tutto arbitrario e poco comparabile con gli altri).

Vediamo ora i materiali principali con cui sono prodotte le fibre sintetiche.

Con il termine tecnico di “poliolefine” si definisce, nella chimica delle materie plastiche, un insieme di materiali tra cui i più famosi sono il polipropilene (PP) ed il polietilene (PE).

Il polipropilene vergine, tra quelli della famiglia delle poliolefine, è il polimero generalmente utilizzato nella fabbricazione delle fibre. Il polipropilene non orientato ha normalmente resistenze alla trazione che si aggirano sui 30-50 MPa. Nel caso dei filati, cioè a catene orientate, le resistenze a trazione raggiungono tranquillamente i 250-400 MPa! Nel caso di fibre ausiliarie questo valore è più che sufficiente.

Per applicazioni strutturali, però, si necessitano di resistenze maggiori e dunque si ricorre sovente a miscele di polimeri poliolefinici più prestazionali del solo polipropilene vergine, o a tecniche di lavorazione quali la “stiratura” del filato. Questi ulteriori accorgimenti consentono di raggiungere resistenze massime che possono addirittura superare i 600 MPa.

Da notare che nel mercato si è da tempo instaurata l’usanza, ormai comunemente accettata da produttori e tecnici del settore, di definire “polipropileniche” le fibre meno prestazionali (le ausiliarie) e “poliolefiniche” o da “miscela poliolefinica” quelle più prestazionali (le strutturali). Questa definizione non è del tutto veritiera, dato che dire poliolefinica non esclude che la fibra sia di polipropilene vergine, ma comunque è una consuetudine affermata.

Le fibre in poliacrilonitrile (PAN), anche dette semplicemente “acriliche”, sono fibre sintetiche ottenute da una catena polimerica diversa dalle poliolefine. Le cose principali da sapere sulle acriliche sono:

  • Fibre generalmente di bassa qualità, ottenute da scarti di altre lavorazioni. La loro forza commerciale risiede unicamente nel prezzo.
  • Si presentano normalmente in fiocchetti che da soli farebbero fatica a disperdersi adeguatamente nella matrice cementizia, dunque vengono “apprettati” per aumentare l’indice di bagnabilità. In certe applicazioni questo appretto ha causato la creazione di schiuma nel calcestruzzo durante la miscelazione, con drastiche riduzioni di prestazioni.
  • Sono fibre che in molti casi tendono ad inglobare più aria di altre fibre di simili forma e dimensioni.

Si conoscono sul mercato solamente fibre ausiliarie di questo tipo. Non vi sono, al momento della stesura di questo testo, fibre strutturali acriliche.

Il poliestere è un filato sintetico che trova molto spesso applicazione nell’industria tessile. Si tratta di un polimero tenace e resistente, con un modulo elastico superiore al polipropilene (più rigido). Nonostante il poliestere abbia le “carte in regola” per costituire potenzialmente un buon materiale da cui realizzare fibre per calcestruzzo, di fatto quasi nessun produttore lo ha adottato e quelli che lo hanno fatto hanno ottenuto poche soddisfazioni in termini di prestazioni nel calcestruzzo e di riscontro di mercato!

Vetro

Il filato di vetro è in linea teorica un materiale ad altissima resistenza alla trazione: può raggiungere valori anche di 1700 MPa, ben superiori ai migliori acciai, se il filato è sufficientemente sottile (un filo di vetro più è sottile e più è statisticamente esente da microfratture che ne esaltano la incredibile fragilità, per questo fili di vetro sottilissimi in laboratorio raggiungono le resistenze del materiale che sono maggiori anche dell’acciaio). Il problema come tutti sanno è la sua intrinseca fragilità, che quindi in applicazioni quotidiane non permette di arrivare a queste prestazioni.

Il vetro è dunque principalmente utilizzato per applicazioni antifessurative, con le quali le fibre di vetro si comportano molto bene (le malte di Azichem fanno ampio utilizzo delle fibre di vetro infatti) anche se hanno un costo superiore rispetto alle più diffuse cugine in polipropilene.

La cosa fondamentale per una fibra di vetro da utilizzare nel calcestruzzo è che sia alcalino resistente (AR), ovvero quando inserita nel calcestruzzo sia resistente all’ambiente fortemente basico delle miscele cementizie o a base calce. In commercio esistono anche fibre non AR che sono chiaramente molto più economiche di quelle AR ma che dopo qualche tempo si dissolvono nella miscela.