Qui di seguito spenderemo due parole su quelli che sono i parametri tecnici più comunemente ritrovati sulle schede tecniche delle fibre per calcestruzzo, in modo da saper interpretarne il significato, saper comparare le fibre tra loro.

Dimensioni

Lunghezza

Il più immediato, semplice e rappresentativo dei parametri tecnici di una fibra è rappresentato sicuramente dalla sua lunghezza! Normalmente il codice prodotto di una fibra è molto spesso correlato anche alla sua lunghezza. Dato che la fibra, specialmente le polimeriche, sono il prodotto di un filato tagliato ad intervalli regolari, tutte le caratteristiche intrinseche della fibra in se sono derivate direttamente dal filato di partenza, mentre la lunghezza ha effetti diretti sul comportamento della fibra nel calcestruzzo e sulla sua applicazione. Inoltre, dato che ogni produttore da uno stesso filato può ricavare diversi modelli di fibre semplicemente tagliando a diversa misura, la lunghezza assume un ruolo fondamentale nel distinguere le diverse fibre di uno stesso portafoglio prodotti.

Le fibre per conglomerati cementizi che si sono affacciate sul mercato sono praticamente tutte comprese tra i 3 mm e i 60 mm di lunghezza. Non si conoscono al momento fibre che esulino da questo intervallo. Normalmente le fibre corte (<25 mm) sono destinate quasi esclusivamente al segmento del rinforzo antifessurativo; le fibre lunghe (>30 mm) sono invece quasi sempre fibre destinate ad applicazioni strutturali.

Fatta questa prima grande distinzione, nel segmento delle fibre strutturali quasi tutti i modelli si concentrano tra i 38 mm e i 54 mm. Nelle fibre strutturali la scelta comunque è dettata molto spesso dai modelli disponibili e dalle loro prestazioni dichiarate (da normativa CE), quindi non è tanto una scelta derivante dall’utilizzo, dagli spessori o dall’aggregato del calcestruzzo, quanto appunto la lunghezza che il fornitore ha trovato più efficace nei propri test di laboratorio.
Dunque la scelta per l’utente normalmente si orienta verso la fibra e la lunghezza più prestazionali (a meno di casi ed esigenze particolari e specifiche).

Questo discorso non si applica però alle fibre ausiliarie/antifessurative, per le quali la scelta della lunghezza non è tanto una conseguenza delle prestazioni tecniche, quanto più delle effettive esigenze del cliente in relazione all’utilizzo finale e agli spessori del manufatto. Per le fibre ausiliarie, le lunghezze più diffuse sono tra 6 mm e 18 mm. Le più corte sono per malte e intonaci, mentre le più lunghe sono praticamente per tutti gli altri casi.

Diametro

Anche il diametro di una fibra ne classifica immediatamente la funzione: le fibre più sottili, con diametri più piccoli del decimo di millimetro, sono esclusivamente fibre ausiliarie, mentre le strutturali hanno sempre diametri superiori almeno a 0.3-0.4 mm.

La classificazione standard per le fibre sintetiche, data dalla EN 14889-2, distingue due categorie:

  • “macrofibre” – diametro >0.3 mm
  • “microfibre” – diametro <0.3 mm

Nella scheda tecnica di una fibra si può incontrare anche il “diametro equivalente”. In questo caso si intende il diametro del cerchio avente la stessa area della sezione della fibra considerata. Ad esempio, nel caso di una fibra a sezione rettangolare il diametro equivalente si calcola come il diametro di un cerchio di pari area.

Rapporto dimensionale

Il rapporto dimensionale è calcolato come la proporzione tra la lunghezza di una fibra e il suo diametro (o diametro equivalente). E’ un parametro spesso trascurato ma che in realtà è utile, in alcuni tipi di fibre che vedremo tra breve, come misura del grado di “resistenza allo sfilamento”. La resistenza allo sfilamento è, come dice il nome stesso, la capacità della fibra di opporsi allo sfilamento, in altre parole di non essere rimossa dalla sua sede dopo che il calcestruzzo si è indurito e l’ha inglobata.

Nel caso di microfibre (che per definizione hanno diametri inferiori a 0.3 ma che di fatto nella stragrande maggioranza dei casi hanno diametri di qualche centesimo di millimetro) il rapporto dimensionale ha valori molto alti, che spesso superano 200-250. Per queste fibre la resistenza allo sfilamento è una caratteristica del tutto marginale, dato che la loro funzione non è strutturale.

Le fibre con un diametro equivalente maggiore di 0.5 mm, quindi filati piuttosto grossi, sono quasi sempre soggette a processi industriali che ne migliorano l’adesione grazie ad accorgimenti quali ondulazioni, irruvidimenti e zigrinature, sagomature particolari, ecc.. In questi casi il rapporto dimensionale è inferiore a 70-80 e la sua valutazione è secondaria dato che la resistenza allo sfilamento è dovuta principalmente a queste lavorazioni.

Il rapporto dimensionale è un parametro particolarmente interessante nel caso infine delle macrofibre strutturali sottili, aventi diametri più piccoli di 0.5 mm. Per questi tipi di prodotti la lavorabilità superficiale è ridotta e meno efficace. Il risultato è che si ricorre frequentemente a trefolatura del filato e si lavora per ottimizzare appunto il rapporto dimensionale: aumentando il rapporto dimensionale si ottiene una migliore resistenza allo sfilamento. Per questi tipi di fibre il rapporto dimensionale si aggira normalmente intorno al valore 100-110.

Da notare che da una semplice valutazione del rapporto dimensionale si è perfettamente in grado di dedurre la tipologia di fibra e classificarla anche in base alla sua funzione.

Geometria

Parlare di geometria delle fibre spesso non ha molto senso se non nel caso di fibre polimeriche. Le fibre in acciaio sono esclusivamente costituite da filamenti singoli, eventualmente “attaccati” in fasci da qualche decina di fili per agevolare il trasporto e la movimentazione. Però al di là di qualche piccola variazione quanto alla sagoma (uncinate, ondulate, dritte, ecc.) nel complesso sono tutte concettualmente identiche! Stesso discorso ad esempio per le fibre in vetro, per le quali addirittura la cosa si semplifica ulteriormente dato che sono solo e sempre fili dritti più o meno sottili e più o meno lunghi.

Vediamo dunque le principali differenze per quanto riguarda le fibre polimeriche:

Fibre monofilamento

Sono fibre costituite da un singolo filo, più o meno rettilineo, generalmente di dimensioni significativamente più grandi delle multifilamento, lavorato per aumentarne l’aderenza alla matrice cementizia (zigrinature, uncini laterali, ondulazioni, forme a zig-zag, ecc.). Nel sacchetto si presentano come una moltitudine di singoli “aghi”, sparpagliati in modo casuale tra loro.

Le fibre monofilamento ricevono spesso trattamenti meccanici dopo l’estrusione (per migliorarne le caratteristiche) quali ad esempio stirature per orientarne le catene polimeriche ed aumentare le resistenze, oppure trattamenti per aumentare la ruvidità superficiale e quindi l’ancoraggio al calcestruzzo.

Le monofilamento sono quasi esclusivamente (per non dire sempre!) fibre di “grandi” dimensioni, appartenenti alla categoria delle macro-fibre, e con lunghezze comprese tra 30 e 60 mm.

Fibre multifilamento

Fibre prodotte da estrusione di una moltitudine di piccoli filamenti rettilinei, poi tagliati a misura e insacchettati. Sono fibre che normalmente non vengono trattate dopo l’estrusione. Nel sacchetto si presentano come “ciuffetti” di minuscole fibre, soffici e flessibili.

Sono generalmente fibre di piccole dimensioni, micro-fibre, con diametri molto ridotti (spesso inferiori al decimo di millimetro!) e di lunghezza compresa tra 3 e 30 mm.

Fibre trefolate

Fibre prodotte da singoli filamenti (quindi di base sono delle semplici monofilamento) attorcigliati insieme in fasci, detti appunto “trefoli”. Prima di essere tagliate alla lunghezza finale, sono molto simili ad una corda. Appartengono a questa categoria per esempio le READYMESH PF-540.

Fibre fibrillate

Le fibre fibrillate sono tecnicamente prodotte non per estrusione di uno o più filamenti (come le mono- e le multi-filamento) ma bensì da un film sottile e continuo di polipropilene, che poi viene separato in strisce più piccole e successivamente “fibrillato” per realizzare la classica forma a “rete” quando la fibra viene “dilatata”. La fibrillatura è dunque una procedura per produrre a basso costo dei filati polipropilenici, spesso impiegati negli imballaggi. Le fibre fibrillate tendono a sfaldarsi in singoli filamenti durante la miscelazione grazie all’azione meccanica del movimento degli inerti presenti nella miscela.

Resistenza

La resistenza misura la capacità della fibra stessa di sopportare sollecitazioni di trazione longitudinali, normalmente misurata con il test descritto dalla norma EN 10002-1 (vedi sotto).

Il valore di “resistenza alla trazione” (o anche “tensione di rottura”) che si trova nelle schede tecniche è rappresentativo delle informazioni riguardanti la bontà della fibra prima che sia inserita nel calcestruzzo. Essa non rappresenta dunque una misura della capacità della fibra di alterare il comportamento del manufatto in calcestruzzo fibrorinforzato sottoposto a sollecitazioni meccaniche (per questo esistono test specifici i cui risultati sovente non compaiono in scheda tecnica, tipo quello della norma EN 14651). Da cui si deduce che una comparazione delle fibre strutturali sulla base della semplice valutazione della resistenza non è per nulla veritiera circa le sue effettive capacità strutturali.

In linea teorica, la resistenza della fibra stessa ha una relazione diretta con la resistenza del calcestruzzo fibrorinforzato sottoposto a flessione, però l’alta resistenza da sola non è per nulla sufficiente a garantire anche ottime prestazioni del sistema fibra-calcestruzzo! La fibra strutturale, per definizione, deve opporsi all’aumento dell’apertura di fessura. Per realizzare questo obiettivo deve poter ovviamente essere resistente essa stessa, ma è anche molto importante il numero di fibre che stanno collaborando allo stesso obiettivo, quanto omogeneamente sono distribuite, e quanto la loro forma o finitura superficiale si oppone allo sfilamento della fibra dalla sua sede.

La resistenza alla trazione della singola fibra è un parametro pressoché inutile nel caso delle fibre ausiliarie, infatti esse non esercitano la loro funzione per trazione e dunque una alta resistenza non sarebbe di alcun beneficio.

Densità

La densità della fibra, a volte anche indicato come peso specifico, è una misura che deriva direttamente dal materiale di cui è costituita, espressa di solito in kg/dm3 o kg/m3. Fibre di acciaio hanno solitamente una densità di 7-8 kg/dm³, tipica dell’acciaio, mentre fibre sintetiche hanno una densità di circa 0.9 kg/dm3.

La densità è indicativa della tendenza alla segregazione della fibra nel calcestruzzo: fibre più pesanti del calcestruzzo (che ha una densità di circa 2.4 kg/dm3) tenderanno a depositarsi sul fondo mentre fibre leggere avranno la naturale tendenza a muoversi verso l’alto. Di fatto questo fenomeno non ha molta rilevanza dato che il calcestruzzo è un composto viscoso, con molte parti solide al suo interno e la “migrazione” delle fibre al suo interno è decisamente difficoltosa anche in presenza di calcestruzzi fluidi.